LA COOPERAZIONE UN’IDEA ANTICA COME IL MONDO

Pubblichiamo alcune riflessioni e proposte di Vasile Mirzenco (Presidente della Federazione Nazionale Agricoltori di Moldova) che ha partecipato al Congresso Internazionale, svoltosi a Seul, nei 60 anni della nascita della Federazione Internazionale Agricoltori.


Nel contesto del Congresso e negli incontri con i membri del Comitato, ho lanciato l’idea di realizzare un accordo con i rappresentanti di tutte le organizzazioni internazionali di agricoltori dei paesi ex-sovietici; e successivamente di creare un consorzio di tutti questi paesi in via di sviluppo e che si confrontano con il medesimo problema. Uniti sarà più semplice superare la fase dolorosa dell’impatto con la realtà competitiva, per entrare rapidamente nel circuito internazionale del settore agricolo. Ora siamo sul punto di formare un gruppo, del quale fanno parte anche alcuni paesi mediterranei. E’ una scelta suggerita dal fatto della vicinanza con l’Europa e per le condizioni climatiche che in gran parte somigliano alle nostre. In tal senso, ho avuto l’occasione di discutere con i rappresentanti di Grecia, Francia, Italia. La Federazione Internazionale si occupa di coordinare varie attività per sviluppare il settore agro-alimentare del mondo intero; ha contatti con i principali organismi finanziari e al tempo stesso collabora con i governi dei rispettivi paesi, per creare le migliori condizioni utili al settore agroindustriale. Nel mondo sono preminenti le piccole proprietà, le quali non sono in grado di pervenire alla valorizzazione dei propri prodotti. Ecco percè il Congresso di Seul ha riconosciuto la necessità della più vasta cooperazione tra i contadini proprietari. Del resto ho preso atto di alcune realtà davvero impressionanti: sono entrato in una storia millenaria che mostra l’itinerario evolutivo del contadino coreano, dall’ inizio fino ad oggi, visitando le esposizioni con le più avanzate tecnologie agricole. Sappiamo che anche i paesi altamente sviluppati non sono privi di problemi. Se ad esempio ci riferiamo ai fenomeni climatici che comportano conseguenze sfavorevoli, dopo aver visto una serie di documentari su zone calamitate con effetti devastatori, posso affermare che in tal senso noi siamo privilegiati da un punto di vista delle condizioni naturali. La Federazione Internazionale collaborando con istituzioni che promuovono lo sviluppo agro-industriale (come la FIDA, la FAO) concede alle zone che hanno sofferto calamità un sostegno materiale e finanziario sostanziale. Ecco perchè ritengo importanti le relazioni tra la nostra Federazione e la Federazione Internazionale, per il fatto che possiamo integrarci nel circuito mondiale. Non vorrei creare l’impressione che parlando dei problemi altrui i nostri siano semplici. I nostri problimi sono gravi. Mi sono convinto una volta di più che noi siamo indietro per quel che riguarda le moderne tecnologie per il lavoro della terra; e specialmente soffriamo per una fragile organizzazione del lavoro e deboli circa nel management. Ma il punto nevralgico e doloroso consiste nell’esodo massiccio di forza-lavoro. Noi perdiamo quel che vale di più. É una perdita che non si recupera. Migliaia, decine di migliaia dei nostri giovani lavorano all’estero. Non vorrei mettere il dito sulla ferita, perchè esiste anche un aspetto positivo. Quelli che tornano con un guadagno investono nella coltura della terra. Rimane invece un dilemma. Cosa si fa per favorire quelli che restano, cosa si propone a quelli che ritornano, affinchè investano sulla terra in casa propria? In che misura lo Stato incoraggia gli agricoltori? Non mi riferisco a quel che si fa attraverso progetti che concedono sussidi, pur tuttavia insufficienti a coprire le spese necessarie ai lavori preparatori di primavera e per i raccolti autunnali. So che può disturbare, ma ripeto: tutto quanto è necessario per la meccanizzazione, fertilizzazione, trasporti e servizi, lo paghiamo a un prezzo elevato. Ma quel che realizziamo alla fine rende il contadino derubato senza pietà. Potremo perciò renderci competitivi quando avremo un nostro prodotto ed un nostro marchio. Riguardo alla commercializzazione dei nostri prodotti siamo ad un livello minimo. Per elevarci dobbiamo percorrere la via dell’organizzazione dei contadini in cooperative. Questo significa che i produttori uniti, non solo potranno aumentare la produzione, ma potranno garantirsi che il prodotto sia inventariato, conservato, imballato e commercializzato. Siamo coscenti che dobbiamo imporci dei cambiamenti. E’ venuto il tempo dei fatti. Dobbiamo accettare un nuovo modello nelle relazioni economiche. In questo senso abbiamo ottenuto molto per quel che riguarda almeno la legislazione a favore degli agricoltori. Anche se non è soddisfacente l’atteggiamento dello Stato verso di noi. Nè è concepibile che si possa fare a meno del suo interessamento. Ed anche se la burocrazia, i controlli eccessivi, i carteggi infiniti hanno raggiunto culmini insostenibili e scoraggianti... ci chiediamo: chi deve lottare con la burocrazia (peraltro presente in tutti paesi), o con leggi imperfette, se non noi componenti sociali che formiamo lo Stato? Dobbiamo modificare una mentalità. Lo Stato di ieri ci voleva docili, privati di responsabilità. Siamo stati semplici esecutori, idealizzando lo Stato, credendo che potesse pensare al posto nostro. Il nostro impegno per il futuro, se ci riportiamo agli imperativi derivati dal recente Congresso mondiale dei produttori agricoli, il fine primario non può che essere la solidarietà, la cooperazione. Dobbiamo abbandonare i pregiudizi del passato. Infatti nessuna organizzazione internazionale, per quanto grande e prestigiosa sia, non potrà aiutarci se non ci adegueremo ai principi della moderna cooperazione. In conclusione, sottolineo: per quanti problemi esistano nella politica agricola del nostro paese, abbiamo ottime prospettive. Ci attendono ancora molte difficoltà. Ma ritengo che il contadino non dovrà cedere, cercando soluzioni a qualunque costo. Un’ altra via non può esistere.

Vasile Mirzenco